Per il food italiano innovazione fa rima con tradizione

Per il food italiano innovazione fa rima con tradizione

A Cibus Connect Sara Roversi, fondatrice del Future Food Institute, ha sorpreso molti dei partecipanti al convegno “Posizionamento del Made in Italy alimentare nell’evoluzione internazionale dei consumi” riferendo gli esiti di un incontro avuto con i responsabili del Google Innovation Lab for Food Experiences, che hanno subito indicato l’Italia tra i Paesi al vertice dell’innovazione per quanto riguarda il food&beverage. La tesi degli americani è che gli italiani negli ultimi anni sono riusciti ad affermare nel mondo i prodotti della loro tradizione gastronomica. Sembra una tesi paradossale, ma a guardare bene non lo è: in effetti prodotti come il Culatello di Zibello, la Bresaola della Valtellina, il Taleggio fanno parte della nostra tradizione; ma allora dove sta l’innovazione? La novità, rispetto al passato, è stata farli diventare non solo prodotti alimentari, ma anche prodotti culturali associandoli al territorio, alle tradizioni e al savoir faire dei produttori.

Lo stesso discorso si può fare per il vino, settore in cui l’Italia non ha inseguito la produzione dei grandi vitigni internazionali, ma si è focalizzata sui vini del territorio con le Doc per le quali vanta un primato europeo. La risposta degli analisti di Google ci deve far riflettere: spesso avviene che chi osserva da lontano un fenomeno riesce ad interpretarlo meglio di chi lo vive da vicino. In effetti, a noi sembra quasi scontato il successo dei nostri prodotti sia sul mercato interno sia all’estero, ma questo non è accaduto per caso e soprattutto è un fenomeno relativamente recente. Così la tutela dei formaggi a Denominazione di origine in Italia risale alla legge 125 del 1954, mentre si deve attendere il regolamento Cee n. 2081 del 1992 con l’istituzione delle Dop e delle Igp per la tutela a livello europeo. Ma a dare un importante impulso alla conoscenza, e quindi alla promozione dei prodotti tipici, è stato per primo l’Insor del professor Corrado Barberis che fin dal 1970 aveva iniziato ad occuparsi di prodotti tipici dando vita poi dal 1980 ai monumentali “Atlanti dei prodotti tipici” (Il Pane, Le Conserve, I Formaggi, I Salumi, La Pasta, Le Erbe, Grappe Acquaviti e Liquori, Gli Oli) che Agra continua a pubblicare. Poi sono arrivati Carlo Petrini con Slow Food, Qualivita con ricerche e analisi sul fenomeno delle Dop e Igp e quindi Oscar Farinetti con Eataly. Ad interessarsi delle produzioni tipiche è stata anche la Grande distribuzione, in particolare alcune aziende più attente che hanno introdotto linee premium dando ulteriore diffusione a Dop e Igp.

Tutto questo porta a dire che nulla avviene per caso e che effettivamente quella dei prodotti tipici italiani è stata forse la più grande innovazione che abbia interessato il made in Italy negli ultimi anni.

Sergio Auricchio

auricchio@agraeditrice.com