Federalimentare: produzione alimentare in calo del 3,3% nel primo semestre 2020

Federalimentare: produzione alimentare in calo del 3,3% nel primo semestre 2020

Il futuro del settore sempre più dipendente dall’export. Per rilanciare l’Horeca necessari 1,5 miliardi di euro

(AGRA) – Nel primo semestre 2020 l’industria alimentare italiana, pur evidenziando una relativa resilienza, ha registrato una riduzione della redditività causata dalla diminuzione della domanda.

“Ogni settore deve fare i conti con la propria storia, non con quella degli altri e se è vero che il trend semestrale di produzione del food&beverage segna “solo” una variazione tendenziale del -3,3% a fronte del -18,3% dell’universo manifatturiero, questa discesa, per un settore resiliente come il nostro, rappresenta la peggiore degli ultimi decenni”. Con questa affermazione il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, ha aperto la tavola rotonda “Consumi e nuovi valori: l’impatto del Covid-19 sulle abitudini dei consumatori. Quali prospettive e quali opportunità” al Cibus Forum di Parma.

Il calo tendenziale del fatturato alimentare di maggio (ultimo mese disponibile) segna un -5,8%, più pesante del trend di produzione. Eppure, i prezzi alla produzione di giugno crescono con un tendenziale del +0,9%, mentre i prezzi degli alimentari lavorati al consumo sono cresciuti con tendenziali del +1,2% a giugno e del +1% a luglio. È ipotizzabile che il fatturato di settore, dai 145 miliardi raggiunti nel 2019, scenda quest’anno sotto la soglia dei 140 miliardi. In pratica, il fatturato si avvicinerà alla quota di due anni prima e la produzione a quella di un anno prima.

L’appesantimento maggiore del fatturato è indicativo della nuova “povertà” dei consumi alimentari innestata dal Covid-19 che può essere indicativamente individuata in 2-3 punti percentuali, pari al differenziale fatturato-produzione.

Negli ultimi mesi il consumatore italiano ha esasperato la tendenza al risparmio emersa in modo strutturale in epoca pre-Covid. Le vendite dei discount alimentari crescono al passo tendenziale del +7%. La pasta, prodotto povero e popolare (in alcuni supermercati si trovano confezioni da 500 grammi a 39 centesimi di euro) è in netta controtendenza. La produzione del primo semestre cresce del 16%, un tasso mai visto negli ultimi anni. E l’export dei primi 5 mesi dell’anno segna un +25%! Non si stratta di tassi casuali. Un “ammortizzatore di spesa” come la pasta sta crescendo anche sui principali mercati europei e negli Stati Uniti.

“È innegabile che i consumi del Paese stiano cambiando e non in meglio – ha sottolineato Vacondio – e la preoccupazione è che la discesa del target dei prodotti di eccellenza si consolidi nel tempo, portando a uno stabile cambiamento di costume. L’abbassamento qualitativo dei consumi è parte di un grande problema: la perdita di redditività, che dipende dal valore aggiunto che hanno i cibi che vengono comprati. In base a questo, due sono le scommesse che dobbiamo vincere: una è quella dell’export, da tempo unico driver di sviluppo dell’industria alimentare, che però dipende anche e in larga misura dal contenimento dell’ondata di ritorno dei contagi sui nostri migliori mercati di esportazione e quindi sulla loro eventuale progressiva ripresa (oltre che dalle altre grandi battaglie che dobbiamo vincere in Europa). L’altra riguarda l’Horeca, dove dobbiamo fare molto di più. Per il comparto della ristorazione, le misure stanziate finora e inserite nel Dl agosto non sono sufficienti. C’è bisogno di almeno 1,5 miliardi di euro se si vuole tenere in piedi l’Horeca e il turismo enogastronomico: finanziamenti che in questo caso sarebbero veri e propri investimenti con conseguenze positive su tutta la filiera, dai produttori al consumatore finale, e quindi al Paese con i suoi consumi interni. Ancora una volta – ha concluso il presidente di Federalimentare – la mia convinzione di fondo resta ottimista: l’industria alimentare, dopo essersi rivelata fondamentale nel periodo strettamente legato all’emergenza, può ancora fare da traino economico e tornare ai livelli pre-crisi velocemente. Questa sua forza, però, non deve essere scambiata per uno stato di benessere. Il mio è un ottimismo vincolato al sostegno da parte del governo a questo settore. Se ci sarà, sono convinto che entro la fine del prossimo anno l’industria alimentare tornerà ad essere il volano dell’economia italiana”.

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