Se il biologico diventa commodity

Se il biologico diventa commodity

L’acquisizione di Whole Foods da parte di Amazon e la campagna di taglio dei prezzi subito attivata dal gigante delle vendite online si presta ad alcune valutazioni. La prima è sicuramente positiva, in quanto la riduzione dei prezzi consente a sempre più consumatori di accedere ai prodotti biologici, altre aprono invece nuovi scenari, del resto già in qualche modo presenti prima di questa operazione di merger. È indubbio che il successo dei prodotti biologici abbia suscitato l’interesse di numerosi player, sia dell’industria che del retail. Questo, se da una parte porta a una democratizzazione del prodotto, nello stesso tempo però conduce fatalmente a una commoditizzazione del biologico, per cui a fronte di una domanda che cresce il prodotto viene offerto senza differenze qualitative sul mercato ed è fungibile; un fenomeno che si accentua nel momento in cui sono le stesse aziende della distribuzione a promuovere e a distribuire il prodotto con il loro marchio. Ciò è già realtà per alcune produzioni (pasta, olio, miele, confetture, succhi di frutta…) in molti casi realizzate con materie prime provenienti da Paesi lontani; materie prime ovviamente con certificazioni in quei Paesi ma sulle quali, come hanno potuto evidenziare alcune inchieste, può sollevarsi più di un dubbio. Tutto questo alla lunga potrebbe danneggiare soprattutto i nostri produttori: l’Italia è il Paese nel mondo che più ha investito nel biologico. I piani di sviluppo regionale nell’ultimo decennio hanno stanziato centinaia di milioni di euro per sostenere le produzioni bio e migliaia di ettari sono stati riconvertiti al biologico; ma già oggi per alcune produzioni il biologico italiano si trova a competere con prodotti che arrivano dall’estero a prezzi più bassi, ma anche con un’offerta concentrata in grado di corrispondere alla crescita della domanda. A questo punto, dopo avere investito notevoli risorse nella produzione, vi è la necessità di investire soprattutto nella costruzione di una filiera del biologico con concentrazione dell’offerta, valorizzazione delle produzioni e sviluppo dei mercati esteri. Per tutti questi compiti lo strumento esiste ed è la cooperazione, ma sarà in grado di cogliere queste nuove sfide?

Sergio Auricchio

auricchio@agraeditrice.com