Naturale? Non vuol dire niente!

Naturale? Non vuol dire niente!

La maggior parte dei prodotti alimentari che usano questo claim in realtà contengono sostanze chimiche sintetiche

(AGRA) – Safe (Safe Food Advocacy Europe), organizzazione non governativa che si occupa di sicurezza dei prodotti alimentari, ha effettuato uno studio sui prodotti che sulla confezione si vantano di essere “naturali”. Sono stati analizzati centinaia di prodotti scoprendo che la maggior parte degli alimenti che usano questo claim in realtà contengono sostanze chimiche sintetiche.

Safe ha lanciato la campagna “We value true Natural” (https://www.safefoodadvocacy.eu/natural-campaign/) per chiedere una normativa che consenta ai consumatori di individuare i prodotti veramente naturali. Ma in effetti è difficile trovare in commercio prodotti veramente naturali, come ad esempio gli oli extravergini di oliva o il latte; inoltre c’è il problema degli additivi, degli aromi, dei coadiuvanti tecnologici, per non parlare delle confezioni che possono essere non biodegradabili. Non è un caso che oggi l’unico prodotto definito in una normativa comunitaria è l’acqua minerale naturale, mentre gli aromi naturali sono definiti tali dalla normativa comunitaria solo se sono derivati per il 95% da una fonte naturale (sic!). Per il vino è assolutamente vietato: lo sa bene l’Enoteca Bulzoni di Roma, multata per aver segnalato nel suo locale un corner con la scritta “Vini Naturali”. Ci hanno anche provato i francesi a istituire a marzo 2020 una categoria contrassegnata dalla dicitura “Vin Méthode Nature”, ma a settembre la Commissione Ue ha precisato che l’espressione è ingannevole nei confronti del consumatore. In secondo luogo, secondo la Commissione, “l’espressione confligge con i principi in materia di etichettatura (art. 120 del regolamento 1308/2013 sulle indicazioni facoltative) nonché con l’informazione dovuta ai consumatori per i prodotti alimentari (in particolare con gli art. 7 e 36 del regolamento 1169/2011).
Se la questione è stata definita per il vino, più problematico resta definire l’utilizzo del termine “naturale” per altri prodotti. Secondo Giuseppe Patat*, uno dei massimi esperti di claim, “ogni prodotto che subisce manipolazioni e trasformazioni nella fase produttiva e distributiva perde l’appellativo di “naturale”. Fatte naturalmente le dovute eccezioni per le materie prime la cui trasformazione, secondo la specifica tecnica ISO/TS/19657:2017 Definitions and technical criteria foor food ingredients to be considered as natural, consiste “in un processo fisico e/o enzimatico e/o microbiologico” e che tali trattamenti non possono essere finalizzati alla deliberata realizzazione di sostanze che non esistono in natura”.
Sulla base di questa considerazione appare dunque più che legittima e anche condivisibile la petizione della Safe sull’uso costante, fuorviante e ingannevole del claim “naturale” diffuso non solo sulle etichette alimentari ma su ogni tipo di media: dal web alla tv, dalla stampa alle affissioni stradali.
“È importante quindi, come indica Safe – aggiunge Patat – una campagna di sensibilizzazione presso i consumatori perché si faccia loro chiarezza e vengano rassicurati sulla trasparenza e veridicità di tale affermazione, mentre non sono d’accordo con la pretesa di Safe nel richiedere alla Ue una norma specifica e addirittura una definizione univoca del concetto di “natura” e di “naturalità”. Anche perché un conto è richiedere di contrastare l’uso ingannevole e fuorviante del claim “naturale” (in tal senso vi sono gli organismi preposti in tutta l’Unione europea come le autority della concorrenza e del mercato e gli ispettorati della repressione delle frodi, presenti quindi anche in Italia con l’Agcm, Agcom, Iap, etc.) e un altro è la presunzione che la definizione di naturale possa essere applicata per legge.
Il claim “naturale” è infatti equiparabile a tutte le tipologie di claim sugli alimenti regolamentate in modo chiaro sia dal Regolamento 1924/2006 che testualmente afferma che “il claim di un prodotto alimentare può essere utilizzato solo se veritiero e basato su dati scientifici e non attribuisce all’alimento proprietà che prevengono, curano e/o guariscono. E sia dal Regolamento 1169 sull’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari che all’articolo 36 regola tutte le “Informazioni volontarie sugli alimenti” (e che quindi comprende anche il termine “naturale”) sostenendo con chiarezza che “tutte le informazioni sugli alimenti non debbono indurre in errore il consumatore, non debbono essere ambigue né confuse e se necessario basate su dati scientifici pertinenti”.

*Fondatore di Ethicsgo, Istituto Indipendente per la comunicazione responsabile e certificata, autore del libro “Dittatura Fake o Marketing ignorante”, partecipa come esperto al tavolo UNI/ACCREDIA sui claim etici e sulle asserzioni etiche di responsabilità per lo sviluppo sostenibile.

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